Portolano, il blog di Mesogea: «Prospettive sul Mediterraneo. Diversi modi di descriverlo o immaginarlo» di Marco Fornaseri

di Marco FornaseriEncrucijada*

Portolano

Come possiamo descrivere il Mediterraneo? Nel momento in cui ci si avvicina alle opere che lo riguardano, si osserva una moltitudine di variazioni sul tema, soprattutto dal punto di vista stilistico/formale, ma anche sul piano dei contenuti. Ciò è forse dovuto, almeno in parte, alla postura (atteggiamento) con cui lo si affronta e alla posizione dalla quale si cerca di raccontarlo. Si può scegliere di guardarlo dall’alto nel tentativo di coglierne i tratti essenziali, per poi racchiuderli entro concetti astratti; di costruire con esso (nello specifico con il mare), in chiave metaforica, un rapporto intimo, guardandolo negli occhi dalla cima di una spiaggia; o magari di percorrerne i meandri tra porti e promontori, collezionando oggetti e sensazioni nel tentativo di riportare l’attenzione su elementi vitali, spesso sacrificati alla ricerca di una visione generale. Ciò che le letture e le esperienze quotidiane mi hanno regalato è la percezione di una “prossimità” tra poli (apparentemente) lontani, benché non opposti. Nella zona dove sono cresciuto è molto frequente ritrovarsi in luoghi dove avviene, quasi magicamente, l’incontro tra elementi che sembrerebbero potersi avvicinare soltanto nelle pagine di un libro (come peraltro, in taluni casi, fanno): la brezza marina con le cime innevate, la città e la campagna con il mare (visibile all’orizzonte), i prodotti di popoli più o meno antichi (Romani e Saraceni) con aziende di recente fondazione, la cui unione più grande è stata la comune distruzione operata dal fiume Tanaro, o meglio, dall’incuria a cui è stato abbandonato. Per non parlare, a livello linguistico, dell’incontro-scontro tra i dialetti, tanto simili quanto diversi (sembra non esistere il piemontese in Valle Tanaro, ci sono il bagnaschese, il garessino e l’ormeasco, difficile quasi quanto il tedesco, credo). In un certo senso, almeno, sembra che le “leggi di natura” siano sospese: respirare il marino a 800 metri di altezza guardando al contempo montagne ricoperte di neve, la città, la campagna e il mare stesso, mi sembra già qualcosa di stupendamente inspiegabile. L’olio migliore è il prodotto di olive che non “guardano” il mare (non so cosa c’entri, ma è un aspetto molto curioso, forse legato a un’origine non “marittima” dell’ulivo). Per questo mi sembra che un’immagine interessante del Mediterraneo possa vederlo raffigurato come un ponte (piuttosto che un muro) tra terre, prodotti naturali, culture, storie, lingue, la cui diversità viene talvolta a mescolarsi, realizzando qualcosa di difficile da afferrare con la nostra ratio discernente. L’ambiente mediterraneo, per dirla in breve, mi sembra unire molte cose diverse. Ma è solo una prospettiva, forse eccessivamente influenzata dalla circostanza in cui mi sono trovato a vivere. Speriamo che il Mediterraneo realizzi la sua magia anche con i nostri punti di vista, portando le nostre domande e suggestioni, pur nelle loro differenze, a sintonizzarsi. Chissà che non sia uno degli effetti della frontiera.

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* Encrucijada, dal nome dal mitico bar del romanzo di Roberto Bolaño I detective selvaggi, è un gruppo di studio alternativo, nato ai margini del Dipartimento di Filosofia dell’Università di Torino, nel 2019. Animata dall’interesse per il rapporto tra filosofia e letteratura, la ricerca del gruppo si è concentrata sullo studio della categoria di ‘Frontiera’, dando vita alla serie di incontri seminariali ancora in corso dal titolo Seminario Mediterraneo – Incontri sulla frontiera.

Il gruppo è coordinato da Andrea Baglione ed è formato da: Sara Brianti, Giovanni Centracchio, Marco Fornaseri, Martino Manca, Francisco Martín Cabrero e Valentina Maurella.

L’ambiente mediterraneo, per dirla in breve, mi sembra unire molte cose diverse. Ma è solo una prospettiva, forse eccessivamente influenzata dalla circostanza in cui mi sono trovato a vivere. Speriamo che il Mediterraneo realizzi la sua magia anche con i nostri punti di vista, portando le nostre domande e suggestioni, pur nelle loro differenze, a sintonizzarsi. Chissà che non sia uno degli effetti della frontiera.

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