Descrizione
D’altronde, di fallire non gli importava nulla. Anzi, come aveva ben visto Geno Pampaloni, per lui «il fallimento, lo scacco, non è una minaccia, ma un raggiungimento di pienezza». Se una felicità può essere immaginata nel buio mondo di Fiore, questa ha a che fare con lo spossessarsi. Il suo vero obiettivo stava nel non possedere nulla.
— Silvio Perrella
Dell’autore di queste pagine Geno Pampaloni scrisse: «Se Angelo Fiore non è scrittore di prima grandezza, io ho sbagliato mestiere»; e Romano Bilenchi lo poneva ai vertici del Novecento. Ognuno dei suoi racconti – qui riuniti per la prima volta insieme a un ampio epistolario – «collauda», mette alla prova un frammento di vita per accertarne il valore, per svelarne la sostanza. Sottoposti all’acido di una scrittura micidialmente «magra», i loro personaggi senza qualità – esseri «in bilico», privi di origine e destinazione – mostrano quanto di «non vissuto», «non sviscerato» e «non creduto» si annida nella creatura umana; quanto di essa disattende il dono della creazione.
La mente si volgeva da capo alla verità ribelle; e a un tratto gli parve di coglierla. Mentre la pensava, sbadatamente si mise a fare pupazzetti; meravigliato, si avvide che quei pupazzetti erano buffi, e a volte raffigurati in pose balordamente oscene. Lacerò il foglio; ma la verità – quella tal verità – era fuggita di nuovo.





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