Descrizione
Il figlio del povero, romanzo d’esordio di Mouloud Feraoun, è il punto di riferimento di una generazione di scrittori che, negli anni Cinquanta del secolo scorso, passando attraverso il travaglio della lotta per l’indipendenza, hanno dato vita alla letteratura algerina contemporanea. Scritto in francese, «negli anni cupi della guerra, alla luce di una lampada a petrolio», il romanzo, apertamente autobiografico – come già rivela il nome del protagonista, Fouroulou Menrad, anagramma di quello dell’autore – racconta l’infanzia e l’adolescenza, vissute in un villaggio tra le alture della Cabilia, del figlio di un contadino-emigrante che, grazie all’istruzione, riesce ad affrancarsi dal destino d’ignoranza e miseria della famiglia e di quasi tutti i coetanei. Fedele a quell’ispirazione etica e poetica che gli fa dire «per me il romanzo è lo strumento più completo che abbiamo a disposizione per comunicare con il prossimo» o, ancora, che «lo scrittore non ha il diritto di parlare degli uomini alla leggera», Feraoun, proprio a partire da questo libro, dichiara di voler «provare a tradurre l’anima cabila». E lo fa, con la lingua semplice e diretta, esperta e ingenua a un tempo, immediata e accorta, del suo peculiare realismo. Con sobria umiltà e ostinata umanità.
«Vai ad Algeri» gli disse. «Laggiù sarete in tanti. Ne sceglieranno solo qualcuno. E la scelta la fa sempre il caso. Vai ad Algeri come i tuoi compagni. Noi, lassù, aspetteremo. Se fallisci, tornerai a casa. Non ti scordare che ti vogliamo bene. E poi, la tua istruzione, non te la possono prendere più, no? È tua».
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